Oasi per farfalle

La passione per le farfalle: nata in età adulta
Spesso le passioni nascono con te e sin dall’infanzia si manifestano. Sono spinte molto forti, che vengono dall’interno e che presto ti contraddistinguono dalle altre persone, come se fossero un marchio.
Io ad esempio sin dalla tenera età ho sempre preferito giocare e vivere all’aperto, piuttosto che in casa. Amavo inseguire gli animali selvatici nei boschi, seguirne le orme sulla neve, spiare le rane nelle pozze, catturare le libellule prendendole dalla coda. Altri miei compagni invece preferivano stare in casa davanti alla tivù o a fare giochi da tavolo.
Questa mia propensione “selvatica” mi portò a coltivare la mia grande passione per gli uccelli, così che col tempo divenne per me una professione. Fra i vari lavori che un ornitologo può fare, grazie alla sua esperienza e competenza, vi è anche la progettazione di ambienti utili per l’avifauna ricreati ex-novo in luoghi dove quelli originari sono stati distrutti. Ad esempio negli anni passati avevo ideato e realizzato, per conto della Minerali Industriali, delle oasi per uccelli in alcune loro ex-miniere a cielo aperto. Tali progetti erano stati condotti, ed alcuni sono ancora in corso, in Piemonte e Sardegna con risultati davvero incoraggianti.
Se avevamo fatto qualcosa di utile per gli uccelli ora serviva un nuovo progetto che andasse a beneficio di altri animali in pericolo.
Quando nel 2000 la miniera Nolizza di Curino finì il suo ciclo estrattivo si presentò la sfida del recupero. Parlandone con Lodovico Ramon, che in tutti questi anni ha sempre collaborato attivamente nei “cantieri” dei ripristini, vuoi per la sua straordinaria passione naturalistica vuoi per risolvere problemi spiccioli di logistica, a Lui balenò l’idea di “costruire” un’oasi per farfalle. L’idea mi piacque subito, anche se di farfalle ai tempi capivo ben poco, ma accettai la sfida perché la ritenevo utile alla conservazione della biodiversità, infatti avevo letto svariati articoli di eminenti naturalisti italiani e stranieri che indicavano le farfalle come un gruppo di insetti in pericolo in molti Paesi europei. Anche a livello biellese, affermati studiosi di farfalle come Fabrizio Boggio e Mario Raviglione erano concordi nel denunciare un depauperamento della locale lepidotterofauna. Non restava che rimboccarci le maniche e preparare un progetto realizzabile, ma soprattutto utile alle farfalle. In questo ci diede una grossa mano l’entomologo Diego Fontaneto dell’Università di Milano. Sino a quel momento avevo guardato alle farfalle con poca attenzione, prediligendo gli uccelli, ma approfondendo questo piccolo universo mi resi conto di quanto fosse affascinante e meraviglioso. Così il mondo delle farfalle mi entusiasmò a tal punto che mi ci buttai a capofitto. Ora mi è caro quanto quello degli uccelli: mio primo grande amore, che mi tenne pienamente occupato durante la carriera naturalistica nei miei primi quarant’anni. In questo mia nuova esperienza devo ringraziare tanti amici esperti che mi hanno trasmesso la loro conoscenza e soprattutto la loro passione verso questi stupefacenti e variopinti insetti.
Mettendo in pratica i consigli avuti il progetto iniziato nell’anno 2000 ha portato risultati stupefacenti, pensate che in soli 20 ettari siamo riusciti ad attirare in 10 anni ben 60 specie di farfalle diurne.
Così vi voglio raccontare come abbiamo raggiunto questo ambìto e utile successo.

Latonia (Issoria lathonia). (Foto: Archivio Lucio Bordignon)
Latonia (Issoria lathonia). (Foto: Archivio Lucio Bordignon)

Perché aiutare le farfalle?
Le farfalle trovano l’ammirazione di tutti! Chi non è rimasto rapito dalla magica cromia dei colori delle ali o chi non è rimasto a bocca aperta vedendo una di queste meraviglie volanti suggere il nettare di un fiore esposto sui nostri balconi. Le farfalle sono indubbiamente tra gli animali più apprezzati e ricercati dall’uomo nei secoli. Molti poeti, scrittori, scienziati e personaggi illustri ne hanno decantato la bellezza, la leggiadria, la vita effimera. Cosa sarebbe una primavera senza farfalle? Sarebbe come una laguna senz’acqua, una montagna senza neve, qualcosa di impensabile! Eppure in molte parti d’Europa, d’Italia, del Piemonte, del Biellese le farfalle si fanno via via sempre più rare, e in alcuni casi sono addirittura scomparse! Perché? A causa della distruzione dell’habitat, di una eccessiva banalizzazione ambientale delle campagne, dell’impiego massiccio in agricoltura di insetticidi che uccidono sia insetti dannosi che buoni, di erbicidi che colpiscono le piante nutrici dei bruchi, dell’inquinamento in generale, del collezionismo lucroso che colpisce le specie più rare, del commercio mondiale di farfalle esotiche, del disinteresse della gente verso il mondo degli insetti.
A livello locale Raviglione e Boggio, nel loro straordinario testo sulle farfalle del Biellese, ci informano che nel Biellese ci sono 23 tra le 96 specie di farfalle diurne (superfamiglia Ropaloceri o Papilionoidi) in pericolo citate dal Consiglio d’Europa.
Anche a naso, tutti quanti noi sopra i cinquant’anni, che abbiamo trascorso un’infanzia libera nei prati, ci rendiamo conto che il numero delle farfalle oggi si è notevolmente ridotto rispetto ad un recente passato. Mi ricordo di un piccolo prato a Soprana dove andavo a giocare da bambino e dove c’erano diverse zerinzia (o polissena Zerynthia polyxena): ora quel prato è stato occupato da un grosso caseggiato! Ho il ricordo di un frutteto dove vedevo le belle atalanta (o vulcano Vanessa atalanta) che venivano a suggere il liquido zuccherino che fuoriusciva dai fichi: ora quel frutteto è stato abbandonato ed è una boscaglia di robinie! Ogni casa nella mia piccola frazione, Cerreia, negli anni Sessanta-Settanta aveva animali da cortile ed una suo letamaio. Sopra il letame crescevano rigogliose le ortiche, e sulle foglie dell’ortica vi erano tanti bruchi neri che le divoravano: erano larve di vanessa, di varie specie. Ora non c’è più nulla di tutto questo!

Macaone (Papilio machaon). (Foto: Archivio Lucio Bordignon)
Macaone (Papilio machaon). (Foto: Archivio Lucio Bordignon)

Creare un’oasi per farfalle
Visto questo stato di generale degrado ci siamo chiesti se ripristinando la copertura vegetale nelle ex-miniere potevamo fare qualcosa di specifico per aiutare le farfalle, qualcosa di simile a quello fatto negli anni passati per gli uccelli. L’idea era di creare un oasi per farfalle. Del resto l’impresa di creare un giardino per farfalle da parte di proprietari lungimiranti è una tra le soluzioni più immediate e proficue da mettere in atto a favore dei Lepidotteri (si parla sempre di Ropaloceri, cioè farfalle diurne con antenna a forma di clava), iniziative caldeggiate anche dalle associazioni amanti della natura e realizzate in vari Stati Europei. Infatti in questo panorama generale di decadimento ambientale i giardini per farfalle possono giocare un ruolo importante per sostenere alcune popolazioni di farfalle e sono certamente utili nello stimolare l’amore e il rispetto verso queste stupende e indifese creature alate.

Driade (Minois drias). (Foto: Archivio Lucio Bordignon)
Driade (Minois drias). (Foto: Archivio Lucio Bordignon)

Caratteristiche del luogo
Le due miniere si trovano in due settori attigui comunicanti tra loro attraverso una strada sterrata che fiancheggia un boschetto. Il sito è compreso tra le frazioni Gabella e Gianadda, nel comune di Curino, in provincia di Biella. La superficie totale in cui si è attuato il censimento è di circa 30 ettari.
La zona climatica è quella della bassa collina biellese, con inverni abbastanza rigidi e gelate che persistono da dicembre a febbraio. Le primavere sono tardive, mentre le estati sono caldo-secche, a partire da luglio e sino a tutto settembre. L’autunno è mite e di solito piovoso con temperature sopra lo zero sino a tutto novembre. Le precipitazioni sono concentrate in aprile-maggio e ottobre-novembre. L’area è compresa tra i 313 e i 346 metri s.l.m. Intorno le ex-miniere si sviluppano in parti uguali prati-frutteti, in via di progressivo abbandono, e boschi di latifoglie di recente formazione nati nel Secondo Dopoguerra su terreni un tempo coltivati.

Macaone (Papilio machaon). (Foto: Archivio Lucio Bordignon)
Macaone (Papilio machaon). (Foto: Archivio Lucio Bordignon)

Come ricreare un ambiente attraente per le farfalle?
Il primo passo era quello di costituire un prato con erbe e fiori apprezzati dalle farfalle. In commercio esistono delle miscele commerciali per prati fioriti. Noi all’inizio del piano di recupero, nella primavera del 2001, abbiamo scelto questi miscugli, ma abbiamo subito riscontrato risultati deludenti: bassa percentuale di germinazione e scarso sviluppo in altezza delle erbe da fiore. Tutto da rifare! Allora abbiamo incominciato ad osservarci intorno per vedere quali fossero i fiori selvatici che i Lepidotteri apprezzavano in natura.
Abbiamo notato che le farfalle diurne apprezzavano particolarmente fiori come le primule (Primula vulgaris), i cardi, le centauree (Generi Carduus, Centaurea, Ciursium), la canapa acquatica (Eupatorium cannabinum), la salcerella (Lythrum salicaria), l’erba viperina (Echium vulgare), la malva (Malva sylvestris), la verga d’oro (Solidago virgaurea), le vedovelle dei prati (Knautia arvensis e Succisa pratensis), il ginestrino (Lotus corniculatus), la sferra-cavallo (Hippocrepis comosa), e poi vari tipi di Boraginacee (Generi Myosotis, Pulmonaria), Scrofulariacee (generi Veronica, Verbascum ), Composite (Generi Arctium, Aster, Hieracium, Lactuca, Hypochoeris, Taraxacum, Cichorium ecc.), Labiate (Generi Lamiun, Salvia, Mentha) e Verbenacee (Genere Verbena). Dove è stato possibile abbiamo raccolto i semi a fine estate di queste erbacee naturali per seminarle nei ripristini. Nella risemina autunnale, insieme ai semi raccolti, abbiamo aggiunto del fiorume (termine col quale si indica il residuo di erbe affienate, ricche di sementi, trovate sul letto dei fienili) trovato presso privati che falciano ancora piccoli prati da fieno a Soprana e Curino, cioè poco distante dalla ex-miniera. Insieme a questa miscela naturale, abbiamo aggiunto in percentuali dosate altre sementi trovate sul mercato come trifoglio (Trifolium pratense), ginestrino (Lotus corniculatus), e erba medica (Medicago sativa).
L’erba è stata irrigata a pioggia per alcune settimane al fine di favorirne la germinazione. Le irrigazioni sono state sospese appena il clima ottobrino si è fatto più umido.
L’erba nel frattempo ha continuato a crescere e ad attecchire sino alle prime gelate di metà novembre, quindi è andata in quiescenza ed ha svernato. La sopravvivenza invernale dei cespi erbosi è stata alta, così nella primavera successiva abbiamo avuto un’ottima fioritura delle erbe con uno splendido risultato faunistico in quanto le farfalle sono arrivate subito dai territori limitrofi per cibarsi del nettare offerto dal nuovo prato.
E’ stato faticose ed impegnativo procurarsi le sementi naturali ma ne è valsa la pena: ora il prato era formato e non aveva più bisogno di cure, in altre parole era quello che si dice in gergo un prato stabile, in grado di auto-rigenerarsi, perfettamente integrato con l’ambiente circostante.
Mettemmo a disposizione dei Lepidotteri anche diverse piantine di buddleia (Bluddleja davidii), pianta di origine asiatica ma naturalizzata nel Biellese da decenni, in quanto è risaputo che tale arbusto è straordinariamente gradito dalle farfalle per i suoi grappoli di fiori profumatissimi.
Il primo passo era fatto ma le farfalle non vivono di solo nettare, suggono con la loro spirotromba anche altri alimenti: acqua, sali minerali disciolti in liquidi naturali, linfa che sgorga dalla corteccia, frutta marcescente, escrementi, sostanze oleose etc.
Quindi per dare un “menù” appetitoso abbiamo provveduto acqua, sotto forma di stagni, piante che producono linfa come pioppi tremuli, salici, ciliegi e betulle, piante che producono frutta come fichi, peschi, meli, peri. Mettemmo a dimora anche alcuni gelsi, che si ornano in estate di more molto zuccherine. Come “produttori” di liquidi organici abbiamo pensato di introdurre nei terreni ripristinati dei cavalli, così che questi ci aiutassero grazie alla loro opera di bruciamento dell’erba a mantenere “pulito”, cioè parzialmente rasato il prato, in modo che questo non si evolvesse in bosco, ambiente che non sarebbe più servito alle farfalle che intendevamo aiutare. In tal senso senza i cavalli avremmo dovuto intervenire con lo sfalcio meccanico che avrebbe procurato inquinamento e disturbo, e ucciso parecchi bruchi di farfalla che si trovavano nell’erba.
Se il cibo non mancava alle farfalle adulte ora bisognava pensare ai loro figli, i bruchi, cioè le larve dei Lepidotteri, che rappresentano la fase successiva nella crescita dopo la schiusa dell’uovo.
I bruchi sono noti per la loro voracità nel cibarsi, e quindi nel triturare le foglie di alberi, cespugli ed erbe, che vengono definiti “piante ospiti”. Era necessario quindi introdurre tali vegetali nel “giardino per farfalle” che ci eravamo proposti di ricreare: le piante ospiti avrebbero attirato le farfalle, che sarebbero giunte dalle zone limitrofe per deporvi le uova.
Consultando il libro “Le farfalle del Biellese” di Raviglione e Boggio ricavammo un elenco dei Ropaloceri che potenzialmente potevano vivere intorno la ex-miniera; di conseguenza individuammo anche le piante ospiti da introdurre:
– Prugnolo (Prunus spinosa) per attirare il podalirio (Iphiclides podalirius)
– Biancospino (Crataegus monogyna) per attirare la pieride del biancospino (Aporia crataegi)
– Frangola (Frangula alnus) per attirare la cedronella (Gonepteryx rhamni)
– Agrifoglio (Ilex aquifolium) per attirare la Celastrina argiolus.
– Salicone (Salix caprea) per attirare la vanessa multicolore (Nymphalis polychloros)
– Betulla (Betulla alba) per attirare l’Antiopa (Nymphalis antiopa)
– Spirea (Spirea sp.) per attirare la Neptis (Neptis rivularis)
– Pioppo tremulo e nero (Populus tremula e nigra) per attirare la Ilia (Apatura ilia)
– Quercia (Quercus spp.) per attirare la Tecla del leccio (Satyrium ilicis) e quella della quercia (Thecla quercus)
– Bagolaro (Celtis australis) per attirare libitea (Lybithea celtis)
– Rovo (Rubus sp.) per attirare la Tecla del rovo (Callophrys rubi).
In un angolo della ex-miniera Polizza ricreammo un orticello, piantando:
– carote e finocchi per dare cibo a bruchi di macaone (Papilio machaon)
– cavolo cappuccio, verza, cavolfiore, broccolo per fornire cibo ai bruchi di cavolaia maggiore (Pieris brassicae), rapaiola o pieride della rapa (Pieris rapae), navoncella o pieridi del navone (Pieris napi)
– ortiche, che seminammo su letti di letame invecchiato, come cibo per i bruchi della vanessa dell’ortica (Aglais urticae), dell’atalanta (Vanessa atalanta), della vanessa c-bianco (Polygonia c-album), della vanessa io (Inachis Io).
Nella fascia prossima al bosco trapiantammo delle piantine selvatiche di queste specie:
– primula (Primula vulgaris) per attirare lucina (Hamaeris lucina)
– viole (Viola sp.) per attirare pafia e adippe (Argynnis paphia e adippe), dafne (Brenthis daphne), selene e dia (Boloria selene e dia).
– molinia (Molinia coerulea) per attirare driade (Minois dryas)
– malva (Malva sylvestris) per attirare il Pyrgus malvoides.
Dopo tutto questo lavoro le farfalle sarebbero arrivate?

Morfeo (Heteropterus morpheus). (Foto: Archivio Lucio Bordignon)
Morfeo (Heteropterus morpheus). (Foto: Archivio Lucio Bordignon)

Come testare il recupero?
Occorreva trovare un metodo scientificamente corretto per verificare quali e quante farfalle avrebbero potuto frequentare gli ambienti che noi avevamo ricreato a loro favore. Bisognava mettere a punto un censimento che fosse standardizzabile e che producesse risultati rispondenti alla situazione reale.
Insieme a Diego Fontaneto, dell’Università di Milano, elaborammo un censimento per censire le farfalle a volo diurno appartenenti alla superfamiglia Papilionoidi (Papilionoidea, sezione Ditrysia sottordine Heteroneura) che raccoglie 15 famiglie tra cui Papilionidae, Pieridae, Nymphalidae, Satyridae, Lycaenidae ed Hesperidae, che potenzialmente avremmo dovuto trovare nel ripristino di Curino.

Macaone (Papilio machaon). (Foto: Archivio Lucio Bordignon)
Macaone (Papilio machaon). (Foto: Archivio Lucio Bordignon)

Metodologia del censimento
Percorrendo sempre il medesimo tragitto all’interno delle ex-miniere Sella e Nolizza, si dovevano contare tutte le farfalle a vista. Nei casi in cui la determinazione era problematica o si fotografavano i soggetti, per determinarli in seguito a casa, oppure si catturavano momentaneamente, con una retino di tulle per non rovinarle, per liberarle prontamente dopo averle determinate.
Il percorso, che si sviluppa su circa 1,5 km lineari, era stato tracciato all’interno dei terreni recuperati in modo che toccasse tutti gli habitat presenti nelle due ex-miniere di Sella e Nolizza: prato-pascolo, orto, arbusteto, incolto erbaceo, stagno, boscaglia d’invasione e limite (ecotono) con la foresta.
I conteggi venivano fatti sempre con le medesime condizioni atmosferiche, con cielo sereno, o parzialmente sereno, in modo che fosse soleggiato e in assenza di forte vento. L’orario dei censimenti era sempre concentrato tra metà e fine mattina, in modo che la temperatura fosse già gradevolmente alta, ma non eccessiva: questo avrebbe favorito la circolazione delle farfalle.
Si è così cercato di uniformare tempi e metodi del censimento per poterne standardizzare i risultati. Si sono mantenuti “fermi” alcuni valori come il punto d’inizio, il tracciato, l’andatura, il tempo di percorrenza, la distanza di identificazione delle farfalle. Relativamente a quest’ultimo fattore, la distanza utile ad identificare attraverso il riconoscimento visivo una farfalla di grossa taglia (es. una pafia) con un certo successo non superava, se non raramente i 30 metri di distanza dal censore, fino a scendere a 2-4 metri se la farfalla era di piccola taglia (es. un argo azzurro). Spesso l’osservatore si serviva di un binocolo, ve ne sono in commercio di specifici per farfalle, per confermare gli avvistamenti più lontani o per verificare nel dettaglio alcuni particolari identificativi.
Le farfalle di dubbia identificazione, perlopiù di piccola taglia, venivano fotografate con una camera digitale che permetteva poi di identificarle in un secondo momento a tavolino, tramite il pc. Dove il riconoscimento visivo o la tecnica fotografica non davano risultati circa la determinazione delle farfalle, queste venivano catturate con un retino apposito di rete finissima e morbida, che non rovinava le scaglie delle ali. Subito dopo una rapida identificazione il soggetto veniva prontamente rilasciato laddove era stato raccolto. Nel caso le farfalle (ci riferiamo sempre a Papilionoidae) fossero fuggite senza essere state determinate venivano elencate come “soggetti non determinati”.
Ai conteggi hanno partecipato sempre 2 censori alla volta, questo per aumentare le probabilità di contatto con le farfalle, per aumentare l’efficacia nella determinazione e per aiutarsi a vicenda nel raccogliere i dati e materiale fotografico.
La durata di ogni censimento era mediamente di 1,40 ore.
I censimenti iniziano nei primissimi giorni di aprile per concludersi a fine settembre.
I censimenti venivano fatti due volte al mese, a distanza 13-15 giorni.

Macaone (Papilio machaon).
Macaone (Papilio machaon).

Risultati
Le farfalle erano già presenti in modo sporadico nel 2001 ma i conteggi veri e propri, standardizzati e regolari partirono dal 2003, dopo due anni dai primi ripristini. Gli anni di censimento sono stati: 2003, 2004, 2006, 2007, 2011 e 2012. Nel 2011 i conteggi sono stati fatti in collaborazione con lo staff dell’Università di Torino ( Francesca Barbero, Magdalena Witek, Luca P. Casacci, Cristiana Cerrato, Dario Patricelli, Alessio Vovlas, Marco Sala), sotto il coordinamento del porf. Emilio Balletto e della d.ssa Simona Bonelli, mentre negli anni precedenti hanno partecipato sotto il coordinamento del dr. Diego Fontaneto : Gianluca Ferretti, Claudia Fontaneto, Lucio Bordignon, Gianpiero Lentullo. Nel 2012 da Lucio Bordignon e Cristiana Cerrato. Dopo il 2012 non sono stati fatti più censimenti. . E’ stata fatta anche una tesi di laurea sull’argomento (S.Ripetta, 2012).

Cedronella (Gonepteryx rhamni). (Foto: Archivio Lucio Bordignon)
Cedronella (Gonepteryx rhamni). (Foto: Archivio Lucio Bordignon)

Elenco delle farfalle trovate nelle ex-miniere di Sella e Nolizza
La nomenclatura è tratta da Balletto e Cassulo (1995), tra parentesi, dove siano disponibili, sono presentati i nomi volgari più ricorrenti.

Famiglia Hesperidae (10 specie)
Pyrgus malvoides (pirgo commune della malva)
Pyrgus amoricanus (pirgo bretone)
Erynnis tages (tagete)
Heteropterus morpheus (morfeo)
Thymelicus lineola (atteone lineato minore)
Thymelicus sylvestris (atteone lineato maggiore)
Ochlodes venatus (Esperide dei boschi)
Heperia comma (comma)
Carcharodus alceae (falso pirgo dell’alcea)
Carcharodus flocciferus (falso pirgo dell’alchemilla)

Famiglia Papilionidae (3 specie)
Papilio machaon (macaone in italiano)
Iphiclides podalirius (podalirio)
Zerynthia polyzena (zerinzia o polissena)

Famiglia Pieridae (11 specie)
Aporia crataegi (pieride del biancospino)
Pieris brassicae (cavolaia maggiore)
Pieris edusa (edusa)
Pieris napi (pieride del navone o navoncella)
Pieris rapae (pieride della rapa, rapaiola o cavolaia minore)
Pieris mannii (Piride di Mann)
Anthocaris cardamines (aurora)
Colias crocea (croceo)
Colias hyale (Colia sulfureo)
Gonepteryx rhamny (cedronella)
Leptidea sinapis (pieride della senape)

Famiglia Riodinidae (1 specie)
Hamearis lucina (lucina)

Famiglia Lycaenidae (12 specie)
Lycaena phlaeas (argo bronzato)
Lycaena tytirus (titiro)
Glaucopsyche alexis (alexis)
Cacyreus marshalli (licenide di Marshall)
Satyrium ilicis (satirio del leccio)
Callophrys rubi (tecla del rovo)
Cupido argiades (argiade)
Celastrina argiolus (celastrina)
Plebeius argyrognomon (falso idas)
Plebeius idas (idas)
Polyommatus icarus (argo azzurro, icaro)
Lampides boeticus (lampide di Spagna)

Famiglia Nymphalidae (16 specie)

Nymphalis polychloros (vanessa multicolore)
Inachis io (pavone di giorno)
Vanessa atalanta (vanessa atalanta o vulcano)
Vanessa cardui (vanessa del cardo)
Aglais urticae (vanessa dell’ortica)
Polygonia c-album (vanessa c-bianco)
Argynnis adippe (adippe)
Argynnis paphia (pafia)
Issoria lathonia (piccola madreperla)
Brenthis daphne (dafne)
Boloria selene (selene)
Boloria dia (dia)
Melitaea athalia (atalia)
Melitaea didyma (didima)
Neptis rivularis (silvano dei ruscelli)
Limenitis reducta (silvano azzurro)

Famiglia Satyridae (10 specie)
Minois dryas (driade)
Kanetisa circe (circe)
Hipparchia fagi (hipparchia del faggio)
Hipparchia semele (semele)
Melanargia galathea (galatea)
Maniola iurtina (iurtina)
Coenonympha arcania (cenoninfa scura)
Coenonympha pamphilus (panfilo)
Pararge aegeria (egeria)
Lasiommata megera (megera)

Progressione nella colonizzazione
Qual è stata la risposta delle farfalle alla presenza di un nuovo habitat a loro potenziale?
Quante sono state nel dettaglio le specie che hanno colonizzato gli ambienti ricreati nelle ex miniere? Vediamone il dettaglio:
2003
Primo anno di censimenti, anche se qualche farfalla era già presente sin dal primo anno di ripristino, cioè nel 2001. Sono state censite in quest’anno 28 specie diverse di Ropaloceri (o Papilionoidi).
2004
Si è notato un notevole incremento qualitativo, passando da 28 a 40 specie di farfalle osservate.
2006
Le specie sono salite a 48.
2007
Siamo arrivati al tetto di 50 specie (Bordignon, 2008).
2011
Salto di altre 13 specie, si arriva al tetto delle 63 specie.
2012
Si è aggiunta un’altra specie, Lampides boeticus, portando le specie a 64.
La progressione qualitativa della Lepidotterofauna è evidente, a dimostrazione del fatto che la progettazione e la realizzazione del modulo di recupero è stata azzeccata.

Dafne (Brenthis daphne). (Foto: Archivio Lucio Bordignon)
Dafne (Brenthis daphne). (Foto: Archivio Lucio Bordignon)

Risultati, raffronti e conclusioni
Nel periodo 2003-2012 sono state individuate nella ex area mineraria di Curino 64 specie di Papilionoidea (chiamati anche Ropaloceri), che rappresentano il 59 % della lepidotterofauna affine citata da Raviglione e Boggio (2001) per il Biellese (circa 110 specie in totale, comprendendo anche le farfalle di montagna): un numero notevole se rapportato alla modestissima superficie dell’area curinese, di 0,30 chilometri quadrati (30 ettari). Questo straordinario risultato è messo in risalto paragonando la vicina area comunale di Roasio, ben più grande di quella curinese con 28,14 chilometri quadrati, dove Soldano (2004) ha rinvenuto, dalla baragge di Santa Maria alle alte colline di Castelletto Villa 59 specie di Papilionoidea.
Evidentemente ad innalzare la biodiversità dell’area recuperata ha contribuito la corretta realizzazione del progetto, studiato ad arte per favorire l’insediamento di quante più specie di farfalle possibile.
Questo mette in rilievo l’importanza conservazionistica che può assumere anche un piccolo settore fatto oggetto di cure particolari. Tale “giardino per farfalle” può risultare un contributo apprezzabile al sostegno delle popolazioni naturali che vivono nel Biellese. Ad esempio tra le specie censite abbiamo trovato la zerinzia o Polissena che è una tra le specie considerate vulnerabili a livello europeo, tanto da essere protetta dalla Direttiva Habitat dell’Unione Europea, dalla Convenzione di Washington e di Berna. E’ scritta anche sul Libro Rosso delle Farfalle italiane (Prola e Prola, 1990) quale specie minacciata.
Due altri Papilionidi considerati a rischio indeterminato a livello continentale sono il macaone (Papilio machaon) e il podalirio (Iphiclides podalirius) , seriamente minacciati dall’urbanizzazione diffusa e dalla conduzione agricola moderna, poco rispettosa degli incolti dove si sviluppano le piante selvatiche utili alla loro deposizione.
Una specie rara a livello locale indicata da Raviglione e Boggio (2001) e la colia sulfureo (Colias hyale), un Pieride, rarefattosi per la perdita dei prati di trifoglio, ricreati invece appositamente a Curino. Altre due farfalle presenti a Curino: la lucina (Hamearis lucina) e la tecla del leccio (Satyrium ilicis), sono localizzate e poco comuni nel Biellese. Un’altra specie presente è il Licenide Cupido argiades, che è considerata in Piemonte una specie localizzata. Tra i Ninfalidi a rischio indeterminato a livello continentale troviamo la vanessa multicolore (Nymphalis polychloros) e la neptis (Neptis rivularis), poco comuni anche nel Biellese secondo Raviglione e Boggio (2001), che indicano nella distruzione degli habitat la causa del loro declino. Tra i Satiridi i due entomologi denunciano la rarità a livello locale anche della semele (Hipparchia semele), che a Curino è risultata essere piuttosto comune. Tra gli Esperidi presenti merita una citazione il Morfeo (Heteropterus morpheus) considerato specie vulnerabile nel Vecchio Continente e nel Biellese, a motivo delle bonifiche delle praterie umide.
Le altre specie di farfalle trovate a Curino nelle ex-miniere sono piuttosto comuni, ma questo termine sta perdendo sempre più il suo valore grammaticale, visto che oggi gran parte delle farfalle diurne sono in generale diminuzione, quindi ogni appezzamento, anche se di modesta estensione, può risultare utile al sostegno delle popolazioni selvatiche di questi straordinari insetti.
Con la realizzazione del “giardino per farfalle” nelle ex-miniere Sella e Nolizza di Curino (Bordignon, 2008), che sono entrate a far parte del settore di ripristino denominato “Parco Aurora”, siamo certi di aver dato anche noi il nostro contributo per salvare le farfalle biellesi.

Vanessa c-bianca (Polygonia c-album). (Foto: Archivio Lucio Bordignon)
Vanessa c-bianca (Polygonia c-album). (Foto: Archivio Lucio Bordignon)

Bibliografia citata
Balletto E. e Cassulo L., 1995 – Leptidoptera Hesperioidea, Papilionoidea. In: A. Minelli, S. Ruffo & S. La Posta (eds.). Check-list delle specie della fauna italiana. -. Calderini, Bologna.
Bordignon L., 2008 – Dalla sabbia al colore www.leminierechevivono.it – Minerali Industriali spa, Novara.
Prola G. e Prola C., 1990 – Libro rosso delle farfalle d’Italia. WWF Italia, Quaderni n.13, Roma.
Raviglione M. e Boggio F., 2001 – Le farfalle del Biellese – Provincia di Biella, Assessorato all’ambiente. Multiserver, Romentino.
Ripetta S. 2012 – Cenosi di farfalle e di uccelli nelle aree estrattive ripristinate della provincia di Biella (Piemonte) – Università di Torino. Facoltà di scienze matematiche, fisiche e naturali. Anno accademico 2011/2012.
Soldano Adriano e Soldano Maurizio, 2004 – Tra baraggia e collina. Flora e farfalle del territorio di Roasio. Ente Gestione Aree Protette Baragge, Bessa, Brich. Eventi & Progetti Editore, Biella.

Giardino per farfalle
Siamo in grado con sistemi del tutto naturali, senza catturare farfalle adulte o prelevare uova e bruchi da popolazioni selvatiche, di ricreare gli ambienti adatti per attirare le farfalle che vivono nei dintorni di casa tua.
Riusciamo nel corso di qualche anno ad attirare decine di specie di farfalle direttamente nel tuo giardino, con semplici operazioni di giardinaggio:
• mettendo a dimora erbe, cespugli e piante che possono ospitare i bruchi
• seminando erbe da fiore o cespugli da fiore per nutrire le farfalle
• mettendo a dimora alberi da frutta per nutrire le farfalle
• predisponendo piccole raccolte d’acqua per abbeverare le farfalle

Giardino per farfalle. (Foto: Archivio Lucio Bordignon)
Giardino per farfalle. (Foto: Archivio Lucio Bordignon)

Come e perché creare un giardino per farfalle
Le farfalle sono l’essenza del bello, dell’eleganza, della classe. Come possedere un’opera d’arte gratifica la nostra esistenza, così che la esponiamo con orgoglio durante la visita di amici, così sarà possedere un giardino per farfalle. Sarà l’opera d’arte dell’abitazione, un luogo dove ricercare la quiete atavica, che molti hanno perduto per correre dietro a questa società dei consumi. Basterà sedersi in mezzo alle farfalle per provare un totale relax e per “ritornare bambini”. Non servono grandi spazi, ma è necessario muoversi con professionalità. Intanto come primo passo dovremmo cercare di capire quali specie vivono nei dintorni della casa, diciamo in un raggio di 2-3 km, distanza percorsa senza grossi problemi da molte specie di lepidotteri. Individuate le differenti varietà di farfalle che vivono intorno casa possiamo passare al secondo passo: procurarsi i fiori, le erbe, i cespugli appetiti proprio da quelle specie. Il segreto del successo è abbinare una determinata specie di farfalla alle specie di vegetali che essa predilige. Si può quindi passare alla fase del progetto: studiando a tavolino e riproducendo su carta un prototipo del giardino che si intende “arredare”. Questo anche per capire come utilizzare al meglio la superficie del giardino stesso. Nella scelta dei fiori o degli arbusti da fiore si sceglieranno varie specie, in modo da avere una fioritura più lunga possibile. Si va dalle zinnie alle buddleje. Più è vistosa e profumata la macchia di fiori, più questa contribuirà ad attirare i lepidotteri dal circondario. Sarà molto gradito anche coltivare un orto per farfalle, con finocchi e cavoli. Poi per consentire alle farfalle di riscaldarsi metteremo nel nostro giardino dei grossi massi o costruiremo dei muri a secco. Non dimentichiamoci dello stagnetto con le sponde fangose, dove le farfalle andranno a suggere gli oligoelementi necessari alla loro esistenza. Un’altra cosa determinante è quella di non impiegare sostanza chimiche, come insetticidi e diserbanti, che possano nuocere alla salute delle farfalle. Un giardino per farfalle non è difficile da ottenere, ma bisogna attenersi ad un preciso protocollo, che solo gli esperti conoscono. La gioia di condividere un angolo del tuo giardino con queste meravigliose creature fluttuanti ti allieterà la vita e nel contempo il tuo aiuto sarà prezioso alla conservazione delle popolazioni di farfalle, in largo declino ovunque.

Vanessa c-bianca (Polygonia c-album). (Foto: Archivio Lucio Bordignon)
Vanessa c-bianca (Polygonia c-album). (Foto: Archivio Lucio Bordignon)

Censimento delle farfalle
Per verificare la bontà delle nostre operazioni monitoriamo l’arrivo e il consolidarsi della popolazione di farfalle che si insedierà nel tuo giardino, in modo da poterne ricostruire la storia naturale e apportare le migliorie nel tempo, per fare arrivare nuove specie.

Lucio Bordignon intento a censire farfalle a Curino (Piemonte), in un ambiente per farfalle ideato da lui stesso. (Foto: A. Odello)
Lucio Bordignon intento a censire farfalle a Curino (Piemonte), in un ambiente per farfalle ideato da lui stesso. (Foto: A. Odello)

Giornate con le farfalle
Invita amici e parenti nel tuo “angolo delle farfalle”. Noi saremo a disposizione per accompagnarli alla scoperta di questo meraviglioso mondo, direttamente a casa tua e per soddisfare qualsiasi curiosità su queste affascinanti creature.
Organizziamo passeggiate e lezioni all’aperto visitando aree naturali.
Organizziamo serate e incontri a tema, proiettando immagini sulle farfalle ed illustrando gli straordinari aspetti della loro vita effimera.
Dai un valore aggiunto agli eventi importanti della tua vita attraverso la coreografia offerta dalle farfalle!

Occhio di pavone (Inachis io). (Foto: Archivio Lucio Bordignon)
Occhio di pavone (Inachis io). (Foto: Archivio Lucio Bordignon)

La farfalla fa buon vino
Ho un ricordo ancestrale di questo concetto: quello di mio nonno!
Appassionato di vino (lo metteva anche nel pancotto…) mi diceva: “Dove vedi le farfalle, lì verrà vino buono. Le farfalle vengono a scaldarsi di prima mattina nelle vigne meglio soleggiate, ricche di sassi esposti, che si caricano subito di calore; piene di energia poi visitano i fiori che tu hai lasciato sotto i filari, si accoppiano e depongono le uova sulla vegetazione bassa.
L’erba sarà la loro culla, quindi non va tagliata ovunque! Ricordati: il buon vino sarà in relazione alla quantità di farfalle che tu vedrai nel giorno della vendemmia”. Io a quell’età restavo stupito! Non capivo.
Perché le vigne che davano asilo alle farfalle producevano anche il vino migliore? La vigna di mio nonno era sempre piena di farfalle, l’esposizione, il suolo sassoso, i fiori tenaci che crescevano ai bordi della vigna, gli angoli umidi dove si teneva l’acqua per fare il verderame, la letamaia dove crescevano le ortiche, le piante da frutta, la presenza dell’uva stessa rendevano la vigna il luogo ideale per questi insetti.
Mi ricordo che le farfalle si raccoglievano numerose intorno ai grappoli più succosi e dolci, dove potevano succhiare il nettare che fuoriusciva dagli acini più maturi. Mio nonno aveva vari tipi di uva e faceva varie vendemmie. In quei giorni, rigorosamente solatii, l’uva veniva raccolta senza troppo garbo (a parte quella che serviva per il passito) e buttata nei secchi, dove iniziava un poco a pigiarsi. Il succo imbrattava il bordo dei secchi che emanavano un profumo di mosto molto forte.
Quelli pieni che restavano in attesa di finire sul carro attiravano sciami di farfalle che sembravano inebriate, anzi direi impazzite da tanta abbondanza. Quando gli uomini portavano i secchi a vuotare sul carro e se li caricavano sulle spalle, le farfalle continuavano a seguirli e non li mollavano. Gli roteavano intorno, vicino al capo e alle orecchie, come se volessero urlare il loro sdegno, per denunciare quella rapina, così repentina e brutale che le avrebbe lasciate a bocca asciutta. Ogni tanto mio nonno mi guardava e col dito puntato in alto mi indicava una farfalla che volava sopra la vigna. Ora capisco il significato del suo gesto… il buon vino viene dalle farfalle! Da allora sono cambiate tante cose, il nonno non c’è più, le vigne tradizionali sono scomparse e pure le farfalle che ci abitavano. Tutto questo ha lasciato un grande vuoto, che ci impoverisce, non solo di momenti felici, ma anche della concezione di campagna pulita e ricca di animali che tutti amiamo.
Ora che sono cresciuto e sono anch’io prossimo ad entrare nella schiera dei nonni mi sono chiesto: “Come posso riavere quei momenti magici con le farfalle?. Come posso far rivivere quei bei momenti ai miei nipotini?”.
Tornare in una vigna senza vedere quei colori fluttuanti e quelle ali leggere non è più la stessa emozione! Perché allora non fare qualcosa per aiutarle a tornare, ricreando le condizioni ideali di un tempo?
Ecco l’idea! Mettere a frutto l’esperienza acquistata nel tempo occupandomi di ripristini ambientali e tirar fuori tutto ciò che ho imparato in 50 anni passati a scorrazzare per boschi e prati, studiando gli animali selvatici.
Le farfalle sono certamente legate all’opera dell’agricoltore.
L’uomo crea i campi coi fiori e con le erbe, pianta e mantiene le siepi, tiene distante la foresta, in modo che questa non soffochi le aree aperte, che sono le vere “banche” della ricchezza biologica di questi insetti. Ecco la strada! Lanciare una campagna per le farfalle, in cui far partecipare le aziende vitivinicole più virtuose, che vogliano impegnare risorse umane e fondi per far tornare a volare questi leggiadri amici alati. L’impresa non è impossibile!
Nel Biellese ho già creato in una vecchia miniera a cielo aperto un parco per farfalle, riuscendo a ricostruire un habitat favorevole ai Lepidotteri che ha attirati in 7 anni ben 60 specie diverse.
Far tornare a volare le farfalle nelle vigne è quindi un sogno che può diventare realtà.
Io metto la mia esperienza e il mio entusiasmo a disposizione di chi abbia voglia di impegnare coraggio, passione e lungimiranza, qualità che non mancano nel mondo dei viticoltori, per far un buon vino con l’aiuto delle farfalle.