A mio figlio
Vorresti volare
per essere libero
dove tu uomo non puoi arrivare
oppure poter sconfinare le verdi praterie
sul tuo cavallo bianco
e percorrere la savana
dove gli animali sono liberi.
E ritrovare una terra del tempo lontano
dove l’uomo amava la natura,
la Creazione compiuta.
Era semplicemente felice
mentre falciava l’erba e
con forti braccia
abbatteva la quercia,
mentre libero come l’aria,
con il suo più fedele amico,
attraversava salubri boschi,
immense pianure
ancora profumate di grano,
uniti nella passione più antica del mondo.
Vorresti dissetarti nei limpidi ruscelli
mentre si specchia il sole
udire mille canti diversi
mentre una maestosa creatura
la cicogna nera attraversa l’azzurro cielo.
Ora la terra è diventata misera
come lo spirito dell’uomo che
la sta distruggendo, soffocando.
Tu hai capito, vuoi dare all’uomo
la prova concreta della realtà
di quello che esisteva
e di quello che ora rimane.
Due strade divergevano sul tuo cammino
hai scelto la più ripida da salire
e il tuo grande insolito amore
per le creature alate
ti distingue dall’uomo comune.
Le vuoi studiare attraverso il tuo dotto sapere.
La tua ammirevole volontà: dare loro lo spazio e l’habitat naturale.
E quando sei alla ricerca, col tuo binocolo,
il tuo spirito si apre, non senti la stanchezza,
non ti manca la tua casa,
sei vicino ai tuoi sogni.
Vorresti lì rimanere
il tuo essere preso
dall’incantesimo.
Ti perdi nel tempo,
il giorno è nato già da tante ore
ti circonda il colore del tramonto
ma attendi la luna a guidare i tuoi passi
per sentire i canti della notte.
Ora è silenzio, tu sei arrivato,
lassù in alto dove solo le aquile possono volare
ad un soffio dal cielo.
Maria Rosa Chiocca, poetessa
Soprana (Biella) 1989