Censimenti

Sono la parte più importante nello studio della natura perché permettono, visto che sono standardizzati nel tempo e nello spazio, di confrontare i dati negli anni, così da trarre utili spunti sullo status delle popolazioni, sulla loro gestione e conservazione. Ve ne sono di differenti tipi. Personalmente uso 4 tipologie in modo preponderante: metodo dell’atlante dei nidificanti, mappaggio, inanellamento scientifico e transetto. Utilizzo i primi 3 per contare gli uccelli, il 4 per le farfalle.

Apertura delle reti (Foto: Raffaele Filippi)

Metodo dell’atlante dei nidificanti
Si divide in una griglia quadrata un territorio: una valle, una provincia, una regione e così via. La superficie del quadrato, che è l’unità d’indagine, dipende dall’ampiezza del comprensorio da indagare. Ho utilizzato nei miei lavori varie superfici, dal quadrato di 500 metri di lato, per censire un piccolo territorio come quello di un comune a quello di 4 km, per censire una provincia. La pratica è utilizzata da lungo tempo in Europa. Per attuare i conteggi ho utilizzato le indicazioni fornite dall’European ornithological Atlas Committee. Per fissare sulla carta la presenza degli uccelli usavo tre categorie: nidificazione eventuale (es. specie semplicemente vista nel periodo riproduttivo e nell’habitat giusto) , probabile (specie che col comportamento denota una territorialità, come il canto), certa (prove sicure come nidi occupati, piccoli nutriti dai genitori, trasporto di materiale per il nido o cibo per i nidiacei). Essendo testato e standardizzato si può confrontare con altri lavori similari, anche stranieri. Lo si può rifare nel tempo a distanza di anni, per vedere cosa è cambiato nella qualità del popolamento nidificante. E’ uno strumento importante di pianificazione.

Mappaggio
E’ una tecnica utilizzata soprattutto per censire gli uccelli in piccolissimi territori, di norma non superiori al centinaio di ettari. Si tratta di visitare l’area frequentemente, diciamo una volta ogni 10 giorni, da fine febbraio a fine luglio, facendo non meno di una dozzina di uscite sul campo per stagione. In queste uscite il tempo atmosferico deve consentire agli uccelli di cantare regolarmente (quindi non ci deve essere né pioggia, né vento forte). E’ infatti tramite il canto territoriale che contattiamo la maggior parte di uccelli “proprietario” di un territorio. Ecco perché si va molto presto al mattino utilizzando il mappaggio, quando gli uccelli cantano intensamente. Si visita l’area con il GPS oppure con una carta topografica ben dettagliata, su cui vegono annotati tutti i contatti validi avuti con gli uccelli riproduttori (canti, voli territoriali, avvistamenti, nidi, famiglie ecc.). Una volta terminate le uscite si riassumono i dati, specie per specie,rappresentati dai puntini e dai segni segnati sulla carta o sul display. Dall’interpretazione di questi, c’è un vademecum che si può trovare su varie pubblicazioni scientifiche, si ricostruiscono abbastanza fedelmente i confini dei vari territori. E’ un metodo sufficientemente preciso che dà importanti indicazioni sulla densità delle varie specie nidificanti e sull’ampiezza dei domini di ogni singola coppia.

Inanellamento scientifico
Mi sono appassionato a questa tecnica di studio un po’ tardivamente, diciamo dai primi anni Novanta, a trent’anni passati. Prima avevo preferito ricercare gli uccelli nel loro ambiente con censimenti al canto o visivi, ma senza catturarli. Infatti l’inanellamento scientifico prevede la cattura degli uccelli con reti, le mist-nets, di filo di nylon, con una trama molto particolare che raccoglie gli animali in sacche senza danneggiarli. Agli uccelli catturati vengono apposti degli anellini di alluminio, molto leggeri, che non danno particolare fastidio, con un codice alfanumerico che permette di identificare per tutta la vita quel singolo volatile, in modo da seguirne gli spostamenti e rilevare molti altri dati: longevità, accumulo di grasso, progressione della muta ecc. L’inanellamento scientifico è gestito e soprinteso dall’ISPRA, Istituto Superiore per la Protezione dell’Ambiente, che ha attivato una branca apposita presso Ozzano dell’Emilia.
Diventare inanellatori non è una cosa facile, anzi il contrario. Bisogna fare un praticantato con persone esperte per più anni e poi dare degli esami. Ci sono tre livelli, C è il più elementare, e permette di inanellare le specie più comuni, mentre A è il più completo col quale si possono inanellare tutti gli uccelli, anche quelli più difficili da determinare.
Nel 1992 ho iniziato il tirocinio per aspirare a diventare inanellatore, corso che ho completato nel 1995, dando il primo esame ad Ozzano, conseguendo il primo livello, sino ad arrivare in pochi anni alla Patente A. Ho mosso i miei primi passi al Bosco Vedro presso il Parco del Ticino piemontese. Attingere dall’esperienza di altri inanellatori è stato molto arricchente e seguire campagne di inanellamento molto istruttivo e appassionante: sono stato in Val Campotto (Emilia-Romagna), a Palmarola (Liguria), a Ventotene (Lazio), a Capri (Campania), a La Passata, Pian di Spagna, La Fagiana e Passo di Spino (Lombardia), al Caset (Trentino-Alto Adige).
Ho inanellato per un paio d’anni al Parco del Fenera, dove ora le attività sono sospese, mentre dal 1999 mantengo questa attività presso una mia stazione di inanellamento a Curino (Biella), all’interno di una ex-miniera dove è stato ricreato un ambiente naturale. L’intento dello studio è quello di seguire, con sessioni di cattura standardizzata, la colonizzazione degli uccelli selvatici negli ambienti ricostruiti ad hoc per attirare le specie più rare. La stazione di Curino ora fa parte del Progetto nazionale MonItring, che permette, tramite una serie di punti codificati, di raccogliere importanti dati sulla salute delle popolazioni di uccelli migratori, nidificanti e svernanti.
Ho inanellato anche moltissime giovani rondini nei nidi presso stalle di bovini nel comune di Cossato.
L’inanellamento, oltre ad essere un valido metodo di censimento, da la possibilità di osservare da vicino i piccoli uccelli, che di norma sono sconosciuti al grande pubblico. Per questo ha una grande potenzialità educativa ed istruttiva per tutti, ma soprattutto esercita un fascino particolare sui bambini che diventano letteralmente “pazzi” per gli uccelli.

Transetto
Lo uso soprattutto per le farfalle (parlo sempre di farfalle diurne), ma è valido anche per gli uccelli, di cui esistono diverse varianti. Si usa su modeste superfici, diciamo di qualche decina di ettari. All’interno del territorio che si vuole censire, che deve essere identificato da precisi confini, si realizza una rete di sentieri, che rimane sempre tale. Lungo questo tracciato si contano tutte le farfalle che si riescono a vedere a qualsiasi distanza e ad identificare (si utilizza spesso il binocolo per vedere le farfalle più distanti). La maggior parte dei lepidotteri si identifica a vista, tuttavia per quelle più problematiche, le più piccole di solito, si catturano col retino. Dopo una rapida identificazione si liberano nello stesso luogo della cattura. Nei rari casi che non si riesca ad identificarle, si fotografano e si liberano comunque. Non porto a casa le farfalle per identificarle con calma né pratico il collezionismo, cioè conservarle in una teca. Costruendo la trama dei percorsi cerco di “toccare” ogni ambiente presente: prato, pascolo, limite del bosco, rive di stagni o corsi d’acqua, siepi ecc. in modo che il campione di farfalle censito sia il più rappresentativo possibile. A differenza degli uccelli le farfalle si contano nelle ore centrali della giornata, visto che sono animali a “sangue freddo”. Ci deve essere caldo e insolazione, altrimenti i censimenti non sono validi. Si evitano anche le giornate con forte vento che inibisce il volo delle farfalle. Nei censimenti si cerca di uniformare tempi e metodi per poterne standardizzare i risultati, così da confrontarli con altri luoghi similari o per trarre negli anni indicazioni alle gestioni delle popolazioni di farfalle o dei luoghi che le ospitano.